La strana storia della Vitamina D
Da circa vent’anni ci sono prove delle proprietà anti-infiammatorie, anti-tumorali, ed ora anche anti-covid della vitamina D. Ma non è ancora chiaro il motivo di tanto scetticismo da parte della comunità scientifica.
La vitamina D è davvero qualcosa di strano. All’università e sui libri ti dicono che è la vitamina delle ossa, si trova nel latte, ma l’unico modo per non andare in carenza è esporsi al sole. In realtà c’è molto di più.
Abbandonati i libri, praticando e studiando le pubblicazioni scientifiche, puoi però scoprire che in realtà la vitamina D non fa solo bene alle ossa. Ha recettori in quasi tutti gli organi, anche nel sistema immunitario, influenzando pertanto diversi aspetti della salute umana.
La vitamina D come anticancro e anti-infiammatorio
La maggior parte delle cellule tumorali ha recettori per la vitamina D; i ricercatori hanno scoperto che quando questi recettori vengono a contatto con la vitamina D, si attiva la funzione di differenziazione cellulare, cioè le cellule tumorali possono smettere di moltiplicarsi in maniera incontrollata e morire (apoptosi cellulare).
Altri studi hanno invece dimostrato come la carenza di vitamina D sia associata a problemi cardiovascolari, alla sclerosi multipla, all’influenza stagionale, e molte malattie cronico degenerative come il diabete tipo 1, l’Alzheimer e il morbo di Parkinson.
Tutto spiegato nel sito ufficiale dell’Associzione Italiana Ricerca sul Cancro (AIRC) in questo articolo: “La vitamina D è una molecola chiave per la salute”.
Nello stesso tempo la comunità scientifica osserva giustamente che occorre ancora effettuare studi più robusti per sciogliere diversi dubbi, tra i quali la non ancora dimostrata capacità preventiva in soggetti sani.
Insomma, stanno studiando il legame tra vitamina D e salute da più di vent’anni e ancora non si riesce a progettare degli studi mirati, robusti e convincenti. Mah!
Vitamina D, possibile chiave per la cura del Covid-19
Da mesi, dopo lo scoppio della pandemia a inizio 2020, si sente parlare della vitamina D come precursore della risposta immunitaria contro i virus come il covid-19. Nello stesso tempo arrivano pronte le smentite da parte di alcuni scienziati o prese di posizione opposte che tendono a sminuirne l’importanza.
Poi scopri che un giorno si e uno no, senti parlare qualche scienziato di importanti evidenze circa l’efficacia della vitamina D, e allora mi sono messo a cercare nel web e nei portali di medicina e ricerca, cosa c’è di vero. Vengo così a scoprire che ormai le evidenze sono davvero tante.
Lo stesso articolo dell’AIRC citato prima, parla di ipotesi di azione anti-infiammatoria in caso di malattie respiratorie, ipotesi della quale ne ha parlato The Lancet in un articolo di agosto 2020 (Vitamin D for covid-19: a case to answer?).
Lo stesso National Institute for Health and Care Excellence (NICE) del Regno Unito, nelle Linee Guida pubblicate a dicembre 2020 sul covid-19, scrive che sarebbe opportuno approfondire studi per valutare la somministrazione di vitamina D in alcuni gruppi di popolazione. Dopo pochi mesi, in tutto il Regno Unito, hanno iniziato a distribuirla gratuitamente alla parte di popolazione considerata a rischio.
A marzo 2021 è poi l’Istituto Superiore della Sanità italiano a pubblicare uno studio clinico nel quale dimostra che, analizzando 52 pazienti con importanti alterazioni infiammatorie e compromissione polmonare, circa l’86,5% di quei pazienti aveva livelli plasmatici di vitamina D insufficienti.
Insomma, secondo l’ISS livelli insufficinenti di vitamina D possono compromettere il decorso dell’infiammazione polmonare da coronavirus. Queste le conclusioni alle quali arrivano:
Recenti osservazioni hanno dimostrato che la Vit. D non è un semplice micronutriente coinvolto nel metabolismo del calcio e nella salute delle ossa, ma svolge anche un ruolo importante come un ormone pluripotente in diversi meccanismi immunologici. È noto che i suoi recettori sono ampiamente distribuiti in tutto l’organismo e in particolare nell'epitelio alveolare polmonare e nel sistema immunitario. (Fonte: ISS)
Ma tra i precursori della raccomandazione della vitamina D come prevenzione e trattamento del covid-19 c’è l’Accademia di Medicina di Torino, con due medici, Giancarlo Isaia ed Enzo Medico, rispettivamente professori di geriatria e istologia, che hanno costituito il gruppo dei 61, insieme ad altri medici e accademici italiani, sottoscrivendo un documento, una lettera aperta inviata al Ministero della Salute.
Nel documento sono presentate 6 sperimentazioni cliniche dalle quali si evincono 2 evidenze:
la carenza di vitamina D è correlata ad un decorso negativo dei pazienti in terapia intensiva;
i pazienti ai quali è stata somministrata vitamina D hanno dimostrato una maggiore probabilità di sopravvivenza alla malattia.
Alla luce di tali evidenze, il Ministero della Salute ha assunto una posizione ancora cauta; l’Agenzia Italiana per il Farmaco (AIFA) ha invece vietato la somministrazione anche preventiva di vitamina D, nonostante il parere positivo dell’Istituto Superiore di Sanità.
La Regione Piemonte invece, ha deciso di inserire la somministrazione di Vitamina D nel protocollo di cure domiciliari per i pazienti covid residenti in Piemonte:
Riguardo ai provvedimenti terapeutici consigliati, accanto a eparina, steroidi e antibiotici il protocollo piemontese introduce farmaci antinfiammatori non steroidei, Vitamina D e idrossiclorochina, dopo che il Consiglio di Stato ne ha consentito la prescrizione (off label) sotto precisa responsabilità e dietro stretto controllo del medico. (Fonte: Regione Piemonte)
Cos’è la vitamina D?
Non è solo una vitamina, è anche un pre-ormone. La vitamina D si trova in due forme: vitamina D2, o ergocalciferolo, di origine vegetale, e vitamina D3, o colecalciferolo, che deriva dal colesterolo ed è prodotta direttamente dall’organismo (capito perchè il colesterolo è stato creato da madre natura ed è importante, entro determinati livelli?).
Dove si trova la vitamina D? Cosa mangiare?
Solo il 15% deriva dall’apporto alimentare, il resto viene sintetizzato a livello epidermico durante l’esposizione solare. I raggi solari attivano le reazioni enzimatiche di sintesi.
Gli alimenti più ricchi di vitamina D sono i pesci grassi come il salmone, il tonno o lo sgombro, il tuorlo d’uovo, la crusca e l’olio di fegato di merluzzo.
Quali sono i sintomi di carenza?
Non ci sono sintomi evidenti e particolari per accorgersi della carenza.
Diciamo che nella nostra area mediterranea, per mantenere un livello adeguato di vitamina D, da marzo a novembre è sufficiente un’esposizione alla luce del sole di circa un quarto della superficie corporea, per almeno 15 minuti, 2-3 volte alla settimana. Nei restanti mesi, invece, l’intensità dei raggi solari è insufficiente a convertire il precursore in vitamina D, pertanto l’esposizione solare può non bastare.
In Italia, nonostante sia il paese del sole, la carenza di vitamina D è molto più diffusa di quel che si possa pensare.
Complice la vita da città, l’abitudine a passare la maggiorparte del tempo della giornata chiusi in ufficio o in qualche luogo di lavoro, il 50% dei giovani e la quasi totalità degli anziani è carente di vitamina D, soprattutto in inverno. Nelle persone al di sopra dei 70 anni di età, che non prendono supplementi vitaminici, la carenza di vitamina D è vicina al 100% (Fonte: Associazione Medici Endocrinologi)
Conclusioni
In attesa degli studi clinici auspicati dal gruppo dei 61 medici e del convincimento dell’Aifa e del Ministero della Salute, io mi fido di quello che ha stabilito la Camera dei Comuni nel Regno Unito, e cioè che, anche se le prove scientifiche sulle proprietà preventive e curative della vitamina D nei confronti del covid-19 (come anche nel caso di cancro ecc.) non sono sufficientemente dimostrate, assumere quotidianamente vitamina D è una pratica a “basso costo, zero rischio e potenziale elevata efficacia”.
Quindi io continuo, come già faccio da due anni circa, a prendere la mia bella perla di olio di fegato di merluzzo, tutti i giorni da ottobre a tutto maggio.